La formazione degli infermieri veneti è a rischio. Mi riferisco alla vicenda per cui l’Università di Padova sta avviando la chiusura dei Corsi di Laurea in Scienze Infermieristiche nelle sedi di Portogruaro e Montecchio Precalcino, nonché la sospensione dei corsi a Conegliano e Feltre. Ciò accade per via del Decreto Ministeriale 47/2013 “di autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica”.
Questo decreto trova il suo lato negativo quando, fissando i requisiti minimi di qualità che le università devono rispettare, definisce per le sedi periferiche limiti e criteri diversi rispetto alle sedi centrali. In tal modo sembrerebbe non esserci alternativa alla chiusura di queste 4 sedi che ospitano ogni anno 225 studenti. Impoverire le aree decentrate significa togliere un’offerta formativa ai tanti studenti che abitano nei territori in cui sono presenti quei poli periferici. Inoltre, dobbiamo tenere presente che il Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche risulta essere il maggior contribuente dell’ateneo patavino. In questo senso sarebbe preferibile dedicarsi al miglioramento della formazione anziché alla chiusura dei poli periferici.
In Veneto si assiste a una grande richiesta di infermieri, rallentata in questo momento storico dallo slittamento del pensionamento previsto dalla Riforma Fornero, (ad oggi ci sono 230 infermieri veneti inoccupati). Tuttavia, non appena la situazione si sbloccherà permettendo molti pensionamenti, si teme che i neo laureati possano essere numericamente insufficienti a coprire i posti disponibili. Senza contare che è importante garantire il legame con la propria zona di appartenenza oltre che con l’utenza. Per tutti questi motivi ho interrogato il Ministro Carrozza chiedendo “se non intenda permettere una deroga ai requisiti minimi richiesti ai poli formativi decentrati così come previsto per le sedi centrali”.