Tratto da Il Giornale di Vicenza, 23 maggio 2013
Caduti in un campo di concentramento in Polonia e sepolti sotto un tombino
È diventato un caso l´inumazione dei 493 caduti italiani nei campi di concentramento in Polonia tra il 1943 e il 1944, tra cui il maresciallo maggiore Antonio Staffoni, già comandante della stazione dei carabinieri di Piovene, seppelliti in maniera inadeguata e indecorosa sotto un tombino nel cimitero di Bielany, alle porte di Varsavia. Camposanto che è gestito dall´Italia tramite il ministero degli Esteri.
Se da un lato l´on. Daniela Sbrollini del Pd ha annunciato un´interrogazione ai ministri della Difesa e degli Esteri per smuovere una situazione che risale al 1958 quando ci fu la traslazione delle salme a Varsavia, dall´altro è intervenuto con una lettera anche Franco Barella, 88 anni, comandante partigiano ligure della IV Divisione Garibaldi. «Tramite un amico – scrive -, che conoscendo il mio animo, mi ha portato il Giornale di Vicenza, ho potuto leggere con accorata indignazione, che è stata denun! ciata la vergogna della sepoltura indecorosa dei nostri soldati deceduti in Polonia nel conzentrationlager di Stargard e, successivamente, traslati nel sacrario dei caduti italiani di Varsavia».«Un tombino – aggiunge Barella – chiuso da una pesante lastra è il sepolcro di chi è caduto per la Patria, per aver rifiutato, come il maresciallo maggiore dei carabinieri Antonio Staffoni, di far parte di quelle che Quasimodo definì “milizie provvisorie al servizio di Hitler”». Tra chi è intervenuto con un commento indignato c´è anche il dott. Gastone Morea, già ufficiale dei carabinieri, che invita le nostre autorità ad avere rispetto per chi, «per servire l´Italia, non ha avuto neanche il bene di “dormire nella terra del proprio Paese”». «L´indignazione, la rabbia e lo sconforto per i nostri soldati morti di stenti in prigionia, o in combattimento – sottolinea Barella -, è pari a quella che provo ogni volta che sento parlare ! di teatrini partitico-commemorativi che ostentano taluni nostr! i politici per ottenere consensi, senza curarsi di sapere né chi sono, né dar loro un nome, un volto, né dove giacciono, né se il luogo del riposo è degno della memoria che è loro dovuta, né, soprattutto, se è almeno curato nella maniera con cui la gente latina usa portare il devoto memore rispetto ai suoi morti». «Perciò nel ricordo del maresciallo Staffoni e di tutti i commilitoni che giacciono nel tombino di Bielany – conclude Barella -, mi associo alla protesta anche se, more solito, resterà inascoltata».
Fra pochi giorni parto per la Polonia.
Andrò a visitarlo.
Porterò un tre fiori, uno bianco, uno rosso, uno verde.
(Da parte di mio Padre, superstite di Cefalonio po deportato a Bathorn)