IERI ALLA CAMERA. L’ex-capolista del Pd tra i protagonisti della risicata fiducia al governo.
Calearo con Berlusconi.
Decisivi i tre voti del suo neonato Movimento.
Antonio Trentin
Conte applaude Bocchino che accusa il Cavaliere per gli affari fatti nella Prima Repubblica.
La Sbrollini unica vicentina contro
Mercoledì 15 Dicembre 2010 CRONACA, pagina 20 “Il Giornale di Vicenza”
Creativo come in molte occasioni, il deputato vicentino Massimo Calearo per ieri alla Camera aveva inventato la figura dell’Onorevole in Attesa (non in dolce attesa, quelle erano le tre di Fli e Pd, Bongiorno, Cosenza e Mogherini): «Sono orientato ad astenermi – aveva dichiarato alla vigilia – e aspetterò la seconda chiama. A quel punto, se il mio voto sarà determinante, voterò la fiducia. Ma non credo che sarà necessario…». E invece sì: è stato necessario, necessarissimo, e Calearo in extremis ha dovuto farsi berlusconiano, insieme con il collega del neo-partito Mrn-Movimento di responsabilità nazionale, l’ex-dipietrista Domenico Scilipoti che pochi giorni si dichiarava contro il governo.
L’avessero pensata tutti come loro – saltare il primo appello e votare solo al secondo, con una spettacolare suspense – il Parlamento italiano avrebbe inaugurato una novità da record mondiale. Ma un record il Mrn l’ha comunque stabilito da solo: è il primo partito, per quanto mini, che appena formatosi e al primo voto in Parlamento risulta determinante, determinantissimo, e lo dimostra facendo pesare con grande evidenza la sua scelta.
CALEARO & C. DECISIVI. Infatti, tenuto conto di altre onorevoli incertezze tentennanti a centrodestra fino all’ultimo, il voto prò-governo dei tre del Mrn (il terzo è Bruno Cesarie, altro ex-Pd, berlusconiano da settembre) ha rovesciato la situazione che si profilava in parità o negativa per il premier: 314 a 311 il conto. E così il primo a meritarsi una chiamata in privato da Berlusconi, a seduta appena chiusa, è stato proprio Calearo per “un grazie e basta”.
II Calearo passato a centrodestra – dopo essere stato nel 2008 capolista del Pd a centrosinistra e nel 2009 leader veneto dei rutelliani deH’ApI centrista – è la notizia più notevole nel martedì degli onorevoli berici a Roma. E anche uno dei singoli eventi-clou più seguiti dalla stampa nazionale e dalle tivù nel giorno della maggioranza mutilata dai futuristi e salvatasi per il rotto della cuffia (e per la rottura di qualche ex-centrista o centrosinistrista con il partito che l’aveva eletto due anni fa). Commento del deputato: «Avevo dichiarato sin dal voto di settembre sui “cinque punti” che avrei sostenuto il governo, se il mio voto fosse stato decisivo. Il paese non si può permettere una crisi di governo in questo momento. Ho il cellulare intasato dai messaggi dei miei colleghi imprenditori che mi ringraziano».
Sul resto dei vicentini, niente di imprevisto, qualcosa di raccontabile sì.
CONTE PROTAGONISTA. Giorgio Conte ha fatto da sfondo atth nelle inquadrature televisive del suo capogruppo Italo Bocchino, scatenato contro Berlusconi per conto dei finiani. Ha applaudito con soddisfazione i due passaggi più potenti dell’attacco al premier, quello sui suoi precedenti d’affari nella Prima Repubblica (la destra era all’opposizione mentre lui comprava terreni e concessioni televisive grazie a democristiani e socialisti) e quello sull’ingaggio in maggioranza di dipietristi, centristi e ex-Pd per poter cacciarne Futuro e libertà.
Conte è stato protagonista anche di uno degli episodi caldi del mezzodì a Montecitorio, ai quali ha assistito da vicino Stefano Stefani, decano dei parlamentari leghisti, ieri tra i vincitori della prova di forza finita testa a testa. «Le ha dato della troia e questo ha provocato la baruffa in aula» ha dichiarato la pidiellina Nunzia De Girolamo, accusando Conte e riferendosi alle rampogne dei futuristi contro Catia Polidori, fìniana ieri tornata berlusconiana. Di Conte la miccia che ha detonato una micro-rissa con i leghisti, difensori dell’onore dell’amica ritrovata? «Non ho mai offeso nessuno, non ho offeso la collega Polidori, della quale non ho neanche commentato la decisione di votare no alla sfiducia» ha controdichiarato l’onorevole.
LEGHISTI FEDELI. Riprese televisive e presenza attiva sugli schermi di tutta Italia anche per la leghista Manuela Lanzarin, seduta dietro a Marco Reguzzoni e sedici volte impegnatasi nei battimani padani (il primo all’annuncio della fiducia concessa dal Senato a Berlusconi) quando il capogruppo toccava i tasti sensibili: no al ritorno «della vecchia politica», federalismo da 9ttenere presto, bontà del patto stretto con il Pdl per arrivarci, fedeltà assoluta e convinta al premier che «ha mantenuto fede ai patti». L’arrivo di Calearo in maggioranza, in occasione di un voto che la deputata definisce «importante e atteso», vorrà dire qualcosa nella politica vicentina dove grandeggia il voto-Lega? «Vedremo e capiremo nei prossimi giorni cosa succederà».
Girata all’altra Manuela leghista, la domanda non può ottenere granché in più di risposta: «Vedremo… Più che entrare in maggioranza, Calearo e il Mrn hanno dato la fiducia al governo» dice la Dal Lago. Che commenta preoccupata la ristrettezza dei 314 voti sui quali si è fermato il consenso al governo: «Un dato così risicato rende difficile la governabilità del Parlamento. Non può esserci una delle due Camere con l’incertezza stabile sui numeri». Prospettiva praticamente inevitabile: elezioni anticipate («l’unica igiene è il voto» dice da due giorni il ministro Umberto Bossi) appena dopo che l’asse Pdl-Lega avrà sistemato alcune cose importanti del suo programma di governo.
sbrollini IN SOLITUDINE. Ultima da citare, l’unica dei vicentini in Parlamento rimasta a presidiare il fronte No Berlusconi, cioè la democratica Daniela sbrollini.
Tra le 206 “sfiducie” su 206 membri del gruppo Pd (non contando i 3, compreso Calearo, già da tempo in zona Berlusconi) c’è stata anche la sua: «In ogni caso il progetto del premier è sconfìtto» commenta a proposito della frattura finiana nel Pdl e del salvataggio garantitogli ieri solo da qualche transfuga: «La disfatta politica è tutta in questo dato: la più grande maggioranza numerica mai avuta da un governo oggi è appesa a due-tré voti di differenza».
E ora? «O gli riesce di allargare la sua maggioranza, perché con quel margine non si governa, o Berlusconi punterà a elezioni anticipate». Come gli chiede Bossi, che però potrebbe rimpiazzare con un bel po’ dei suoi una bella fetta di onorevoli pidiellini del Nord. *