DOPO LA SPARATORIA. Le indagini sul duplice tentato omicidio di domenica sera
Intanto i sindacati attaccano e la Sbrollini interroga Maroni
Mercoledì 03 Agosto 2011 CRONACA, pagina 10 “Il Giornale di Vicenza”
«Non ho la più pallida idea di costa stava succedendo quella sera a borgo Casale. Fra l’altro, mi dite voi che quella strada si chiamava così, perchè io ero arrivato a Vicenza domenica mattina e la città non la conoscevo. Come non conosco nessuno degli altri albanesi finiti in ospedale. No, ve lo giuro, mai visti».
Ieri il pubblico ministero Barbara De Munari e i detective della squadra mobile della questura hanno interrogato a lungo Femil Sazan, 32 anni, cittadino albanese clandestino in Italia. L’immigrato è il terzo ferito della drammatica sparatoria di domenica: un colpo di pistola l’aveva raggiunto alla mano destra, ed è stato operato. Ieri, visto che le sue condizioni lo consentivano, gli inquirenti hanno deciso di raccogliere la sua versione dei fatti per chiarire la dinamica del duplice tentato omicidio ma quanto ha dichiarato, sempre che corrisponda al vero, non sarebbe stato di grande utilità all’inchiesta.
«Io Robert Bajrami e Emanuel Demaj non li ho mai visti nè mai sentiti nominare», ha subito spiegato. Eppure gli agenti erano convinti che si fosse recato con Bajrami sotto casa di Demaj per dargli una lezione, se non per ucciderlo.
«Io stavo camminando da solo, per i fatti miei, e non ho assistito alla sparatoria. Ho udito dei rumori, mi chiedevo cosa stesse accadendo quando ho sentito un forte calore alla mano. Mi sono guardato e ho visto sangue, e istintivamente sono scappato. Ho raggiunto un bar (la pasticceria Ricci vicino allo stadio, ndr), dove poco dopo è arrivata la polizia che mi ha accompagnato in ospedale».
E al S. Bortolo Sazan è tornato, dopo l’interrogatorio. Non è escluso che i poliziotti del vicequestore Michele Marchese prendano dei provvedimenti nei suoi confronti, ma al momento non ci sarebbero testimonianze tali da sconfessare il suo racconto.
Gli altri due feriti, Emanuel Demaj e Robert Bajrami, sono infatti ancora in rianimazione. Se la caveranno ma sono sedati e prima di sentirli gli inquirenti dovranno attendere ancora qualche giorno. Come pure non si hanno notizie del quarto uomo, colui che ha accompagnato Demaj in ospedale con un’auto scura prima di sparire (verosimilmente armato) nel nulla. E non sono state trovate nemmeno le due pistole semiautomatiche che mancano all’appello. È chiaro che le testimonianze dei feriti gravi saranno decisive.
Ieri, intanto, sulla sparatoria di borgo Casale sono tornati ad intervenire i sindacati di polizia. Siulp e Sap, in una nota congiunta firmata dai segretari provinciali Roberto Meridio e Oscar Acciardi, osservano che la scelta del ministero dell’Interno di inviare a Vicenza i baschi verdi è «insufficiente», perchè «resteranno un periodo limitato». I sindacalisti plaudono all’intervento del sindaco Variati di aumentare gli organici «per portare Vicenza ad essere equiparata ad altre realtà venete, unica soluzione per riportare la sicurezza a livelli accettabili. Troppo facile per il ministro liquidare la situazione avallando una soluzione che per lui è a costo zero».
Ancora più dura la reazione del Silp-Cgil: «Contro la criminalità mancano risorse di ogni genere, e non si sa per quanto tempo rimarrà a Vicenza il personale aggregato. Nelle ultime assegnazioni nessun uomo è stato destinato a Vicenza».
Ieri l’onorevole vicentina del Pd Daniela sbrollini ha inviato un’interrogazione al ministro Roberto Maroni sulla sparatoria di borgo Casale, in cui fa riferimento alla «sofferenza cronica della questura vicentina». «Chiedo – scrive sbrollini – se il ministero stia valutando una riclassificazione della questura alla luce dei carichi di lavoro e dei fatti di cronaca, se ritiene consona l’attuale pianta organica e quali siano i criteri adottati per le assegnazioni». D.N.