Norma di civiltà che aiuta a risolvere una questione culturale
Quante sono le donne alle quali in sede di colloquio di lavoro sono state fatte domande sulla loro intenzione di avere dei figli o, in modo più subdolo, sulla loro situazione sentimentale, poiché, ad esempio, un matrimonio fresco o prossimo, o anche una convivenza stabile, sembrano celare il “pericolo” gravidanza e quindi maternità?
Fino a ieri, in casi come questo, i datori di lavoro potevano ricorrere all’uso delle dimissioni in bianco, ma l’era dei ricatti è finita: alla Camera abbiamo fatto valere una questione di civiltà. L’approvazione della legge (presentata per il Pd dalla collega Bellanova e da me sottoscritta) ha segnato la fine delle vergognose dimissioni in bianco, quelle fatte firmare a lavoratrici, ma anche a lavoratori, contestualmente alla firma del contratto di assunzione, e successivamente utilizzate in caso di gravidanza, malattia prolungata, partecipazione ad uno sciopero o altro.
In realtà, si tratta di una norma che era già stata introdotta con la legge 188 del 2007, votata praticamente all`unanimità, ma poi ingiustamente abrogata dal governo Berlusconi. Ci siamo così ritrovati alle prese con un fenomeno che, secondo l’Istat e i sindacati, coinvolge 2 milioni di lavoratrici e lavoratori, il 15 per cento di coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato.
Abbiamo introdotto uno strumento che tutela i lavoratori e promuove la concorrenza leale tra le imprese attraverso un meccanismo semplice: moduli numerati e con data certificata contro le contraffazioni, validi per un periodo limitato di 15 giorni, disponibili gratuitamente nei comuni, negli uffici per il lavoro, nei centri per l`impiego, presso i patronati o sui siti web del Ministero e regionali ad esso collegati. Le dimissioni saranno effettivamente volontarie, mai più ricatti con lettere preventive che possono essere successivamente utilizzate dai datori di lavoro».