Le vicende degli ultimi mesi e quelle delle ultime ore ci propongono un quadro desolante e drammatico del calcio italiano . Scommesse, società gestite secondo logiche illogiche, partite truccate, connessioni pericolose e infiltrazioni preoccupanti.
Il calcio italiano vive uno dei periodi di maggiore difficoltà delle sua storia. È un fenomeno ciclico, questo, che di tanto in tanto interviene a scuotere il sistema, forse, nella speranza di favorire quel ricambio di idee e procedure del quale avrebbe davvero bisogno. Non necessariamente un “ricambio generazionale” (che pure sarebbe auspicabile) ma un rinnovamento di modi di fare e logiche che, oggettivamente, non sono contemporanee al momento sociale ed economico.
Partiamo da una constatazione impopolare: il calcio, come lo sport italiano in generale, non va poi così male. Occorre mettere a fuoco i reali problemi e combattere le storture che, da troppo tempo, sembrano restare invisibili.
Parliamo sempre di diritti televisivi, del gap che ci separa dal “modello inglese”. Ma non diciamo mai che siamo pur sempre secondi, e con ottimi margini di crescita.
Parliamo troppo raramente del valore educativo e sociale che il calcio ha, quotidianamente, su milioni di giovani, su tutto il territori nazionale, e del valore sociale e di integrazione che il calcio e lo sport in generale ha nella popolazione che cambia.
Il problema, allora, sta nei valori che il calcio promuove. Se continuiamo a valutare soltanto gli introiti, perdiamo di vista il “valore” del calcio; se continuiamo ad allenare i giovani con l’unico obiettivo di scovare il campione rimaniamo in un sistema fondato solo sulla competitività, che non collabora nè al suo interno nè con l’esterno.
Ammettere che uno sport è negativo prendendo ad esempio alcune sue derive criminali ed affariste è estremamente sbagliato, alla crisi del calcio si deve rispondere con più buon calcio : educativo, pulito, rinnovato, al servizio dei giovani e dei veri tifosi.
Il calcio è e resta uno degli spettacoli più belli di questo Paese. Un’emozione capace di unire e di animare milioni di persone, secondo in linguaggio comune. Un fenomeno capace di affermare l’identità nazionale come l’identità locale di alcune città o di alcune comunità di veri tifosi. Il calcio ha la straordinaria e unica forza di suscitare le stesse passioni dalla partita nel parco, con gli amici, alla finale di Champions League. In entrambi i casi può dare fastidio che ci sia qualcuno che non rispetta le regole.
Le “regole”. Sono proprio queste la radice e la soluzione del problema.
Vanno ripensate dalla base, supportando il sistema sportivo a trovare dentro se stesso le forze e gli anticorpi necessari ad elaborare il cambiamento.
Il calcio trovare il coraggio di mettere in discussione le sue logiche, prima che non ci sia più una logica da difendere. Forse dovremmo sperare che la forza dirompente di questi scandali sia sufficiente ad attivare un moto di rivalsa dei tanti, tantissimi onesti e appassionati che dedicano la loro vita alla passione per il calcio.
Dobbiamo sperarlo e, come istituzioni, favorirlo. Creare le condizioni perché il cambiamento sia una necessità dettata dalla permanenza “secolare” di alcune persone sulle stesse poltrone.
Ci sono cose da cambiare, certamente. Poteri da ridistribuire. Controlli da rendere ancora più efficaci. Ma è dentro il sistema che si deve trovare la soluzione.
L’importante è che gli scandali ed i problemi non ci facciano vedere soltanto gli errori. Mentre il Parma di Serie A fallisce, i Giovanissimi del Parma si giocano lo scudetto contro l’Inter. Mentre ci lamentiamo della competitività del nostro campionato, le fasi finali delle due Coppe principali sono affollate di squadre italiane come non succedeva da tempo.
E allora occorre ripensare dalla base il sistema. I procedimenti, i “traballamenti”, le ricerche di proprietari dimostrano una sola cosa, inequivocabilmente: abbiamo bisogno di elaborare un “modello italiano“.
Un modello che tenga conto delle nostre peculiarità e delle potenzialità del nostro sistema. Un modello che consideri approfonditamente la distanza che intercorre tra i dilettanti e i professionisti, ma anche le enormi differenze interne alle singole categorie. Un modello che ponga ordine nei tanti “operatori” (Federazione, Enti di Promozione sportiva, Società …) e che renda uniformi i modelli di allenamento e insegnamento, puntando effettivamente sui giovani.
Un modello che valorizzi quei milioni di italiani che ogni giorno esercitano del volontariato nelle associazioni e nelle società sportive nei comuni di tutta Italia , per far crescere i ragazzi. Questi piccoli – grandi eroi di cui troppo poco si parla e che spesso riescono a compiere miracoli : tolgono ragazzi dalla strada, dalla criminalità organizzata, o più semplicemente evitano episodi di bullismo e creano un gruppo affiatato di ragazzi che insegue un sogno.
Il calcio può essere un grande strumento educativo per la crescita dei giovani : rispetto delle regole, rispetto dell’avversario, rispetto dell’arbitro e rispetto del risultato e lotta al doping : lo sport è in questo senso l’unico vero sistema meritocratico, in cui vince sempre , e solo, chi ha i risultati migliori.
Un grande rinnovamento deve arrivare dunque da un sistema manageriale basato sulle competenze e sul rispetto delle regole, dentro e fuori dal campo.
Il Governo, il Parlamento e tutte le forze politiche devono dire la loro, nell’interesse della collettività, perché il calcio è un “bene sociale”. Ma non è commissariando un sistema che si può aiutarlo a superare una crisi. Lo sport in generale è un bene sociale e siccome è un fenomeno che riguarda milioni di persone e contemporaneamente milioni di euro è necessario che le istituzioni se ne occupino quotidianamente con attenzione e competenza, ascoltando chi opera nel settore da molti anni.
Il calcio ed i servizi per il calcio sono ovviamente anche una grande occasione per l’ economia, per gli investimenti, offerta di servizi, opportunità di lavoro, spettacolo, turismo sportivo , merchandising :occorre regolamentare tutto questo e metterlo a sistema perché si contribuisca ad alimentare la sana passione per lo sport che oggi cresce in tutte le altre discipline mentre rimane stabile per quanto riguarda il calcio
Parlando di scommesse,ho sentito dire, spesso in questi giorni, che vietando le scommesse risolveremmo tutti i problemi di questo calcio. Personalmente non credo, anzi penso che il sistema se regolamentato e controllato possa divenire un contributo al calcio italiano.
Le ultime inchieste ci mostrano un mondo del pallone attraversato da tensioni ed interessi nuovi. Le scommesse sono diventate un sistema, in alcuni casi pianificato e gestito da organizzazioni malavitose. Nel processo di trasformazione del calcio in “business-sportivo”, chi non è riuscito a interpretare le logiche del cambiamento, spesso, ha scelto di inseguire scorciatoie e facili soluzioni. Il problema è, anche in questo caso, prima di tutto manageriale.
In questo quadro, le scommesse, in un momento di difficoltà economiche, possono rappresentare una tentazione forte per molti.
Ma dobbiamo fare in modo che queste “tentazioni” non ricadano sui più deboli e che non siano alimentabili dall’esterno. In questo senso, forse, concentrare le scommesse solo su partite molto “visibili” sarebbe già una prima forma di garanzia.
Ma questa non può essere l’unica strategia. Il sistema delle scommesse sul calcio genera un indotto economico che da lavoro a tanti e che va difeso.
Intendo occuparmi di calcio e di sport tenendo sempre ben presente che esso ha un grande valore educativo e che i grandi campioni, come le loro società devo essere l’esempio di sport pulito e positivo per tutti gli italiani : è una condizione imprescindibile per far crescere una sana cultura sportiva anche in Italia.
Uniamo le forze : politica, Coni, Federcalcio con società ed enti di promozione : bisogna ricostruire lo sport più bello del mondo, non possiamo tirarci indietro! “